#70. CERCATE L’INCANTO DOVE C’E’ TORMENTO. LA SUPERFICIE ACCIDENTATA
“Una società che si costruisce su un infinità di regole ma dove non si tiene conto dell’etica dell’individuo è come una mappa che non permette di scoprire un luogo, con i suoi anfratti, i suoi odori e i suoi chiaroscuri. L’uniformità piatta e regolamentata che rende tutti uguali odora tanto di totalitarismo. In tutto questo, l’arte ha il ruolo importante dell’interpretazione, della denuncia, ma anche della protezione delle cose essenziali.”
Così scrive Gino d’Ugo, poliedrico artista e curatore della rassegna La superficie accidentata | videoarte. Una “raccolta” di opere video che raccontano, seppur in modo diverso, un’unica complessa singolarità: l’importanza dell’arte nella denuncia che si declina nelle sue più profonde radici, nella forza della protezione e la difesa delle cose essenziali e, perché no, del buon senso.
Ho avuto la grande fortuna e l’onore di partecipare a questa importante rassegna organizzata dall’Osservatorio per l’arte contemporanea Fourteen ArTellaro con una mio video che, ridisegnato, è diventata “un’opera”.
Questo video, parte di un progetto più ampio, ha avuto l’onore di partecipare alla rassegna “La superficie accidentata”, organizzata e curata dall’osservatorio di #arte #moderna FourteenArtellaro di Gino D’Ugo e Andrea Luporini.
Una rassegna fatta di artisti di varia estrazione che hanno presentato opere molto diverse ma che, grazie alla sapiente visione di Gino e Andrea, hanno trovato più di un denominatore comune. Capitoli che hanno una storia singolare molto forte ma che, grazie alla sequenza scelta, riescono ad amplificare il messaggio potenziandosi a vicenda. La rassegna trova nell’Oratorio sconsacrato In Selàa il luogo perfetto, lì dove il mare riecheggia modellando quelle superfici accidentate di lontana memoria.
Il mio video è accompagnato dal testo critico di Azzurra Immediato.
“Inizio e Fine. Fine ed inizio. Una semiotica composita, una Bellezza spuria, sincopata metafora immaginifica per una accidentata superficie lirica, ove assenza e presenza dialogano, in un perpetuo climax, sublimato da una pars destruens celante l’alterità della perdita catartica.
Luoghi e confini sono demoliti, l’opera (con)fonde stratificazioni plurime, divenendo ‘archeologia umana’; l’immagine, fissa o in movimento, si traduce quale simbolo che avvicina ed allontana le dimensioni intrinseche e concettuali, trascinando l’osservatore in una allegoria esistenziale, sul filo del suono scritto dall’artista, al fine di ‘cercare l’incanto dove c’è il tormento’, per ossimoro e maraviglia.”
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Keypoint: buona visione.