#129. IL MODELLO NON GLOBALE DELLA SILICON VALLEY
Il concetto di luogo, territorio e comunità hanno un significato importante per una start-up, soprattutto nella Silicon Valley. Tutte le aziende del digitale che hanno successo da qualche anno, come AirBnB, Lyft, Snapchat, Path, Yelp o Nextdoor sono quelle che permettono di collegare le persone tra loro nella vita reale.
Anche lì, “dove tutto nasce”, nel cuore di San Francisco e della Silicon Valley, il luogo in cui ci si trova, il territorio in cui si vive e il luogo in cui le persone si incontrano continuano ad essere fondamentali. “Non si prende un caffè su Facebook” dicono gli sviluppatori. E il fatto che gli imprenditori discutano se debbano collocare gli uffici della loro impresa in città, nelle aree urbane, o nella Valle, conferma l’importanza della dislocazione fisica.
La promessa dei colossi del digitale che annunciano un mondo completamente globalizzato, smaterializzato, unito da un unico “filo” conduttore, dove i luoghi sono intercambiabili, dove le lingue e le relazioni saranno trasformate da connessioni virtuali, non si realizza affatto dalle loro parti – a san Francisco – né nel resto del mondo. I mondi di internet sono molto different, l’internet della California è ancor più specifica rispetto alle altre. Per quanto sia “IL” modello, non è certo da considerarsi l’unico ed è difficile da imitare.
Gli ingredienti che compongono la Silicon Valley sono specifici di questo luogo: i legami tra mondo della ricerca, della finanza e dell’imprenditorialità, la loro porosità e permeabilità; la diversità culturale e linguistica specifica di quello stato americano; la fede nello spirito di iniziativa, il vangelo dell’azienda e la tolleranza verso il fallimento; una certa etica protestante del lavoro e del capitalismo; un rapporto con la ricchezza che si fa spazio tra filantropia e avidità; il sogno di un’utopia digitale; l’ottimismo. E ancora, la massa critica e la “scalability”; l’instabilità dinamica; un modo così particolare di vivere nella comunità di coltivare, nel contempo, le differenze; la “secret sauce” di Stanford; la controcultura di San Francisco. Tutti questi elementi della Silicon Valley sono difficili da riprodurre altrove. Così come altri poli culturali e sociali sono impossibili da esportare e, magari, digitalizzare. La pizza è a Napoli, lo gondole sono a Venezia, il colosso e-commerce cinese Alibaba “vive” a Zhejiang.
La Valle, che è insieme il passato e il futuro dell’informatica, – HP e Square – dimostra paradossalmente, con la sua stessa specificità, che il digitale non può essere un fenomeno completamente globale, perché proprio lì dove è nata la cultura informatica, troviamo condizioni irriproducibili in qualsiasi altro luogo fisico, culturale e antropologico. Il futuro di internet e delle tecnologie si sta scrivendo nella vita reale. Si basa su una rete di persone che si conoscono e su un territorio che esiste veramente; e a volte, per poter sperare di avere successo online, bisogna sapersi lasciare andare nella vita reale, magari vestiti da Freddy Krueger in una notte di Halloween.
Keypoint: ciò che nasce grazie al territorio, al luogo, al tessuto sociale, NON può essere globalizzato, anche se viene esportato, imitato, sradicato.