Una delle attività più in voga tra gli esseri umani è quella dello scarica barile. Non esiste pratica preferita, in Italia poi è sport nazionale: dalla pubblica amministrazione al piccolo studio privato, ogni occasione è buona per incolpare qualcun altro, per spostare la responsabilità su fattori a noi estranei, per salvarci le natiche incolpando – più o meno sensatamente – il prossimo. Ah che meraviglioso strumento salva-chiappe!
Anche lo scarica barile, come qualsiasi altra disciplina, ha avuto i suoi momenti di gloria e periodi più bui, ma grazie all’era digitale abbiamo introdotto delle innovazioni straordinarie, in particolare un gesto che, in un colpo solo, ci permette di:
- Pulirci la coscienza con un semplice “per sicurezza ho preferito diffonderlo…non si sa mai.“
- Apparire paladini informati “così tutti sapranno che sono informato!“
- Scaricare la responsabilità “sulla massa”. “Oh, io l’ho detto, adesso qualcuno farà qualcosa.”
Questo tool alla portata dei più beceri analfabeti funzionali (e non solo funzionali) è la “condivisione a braccio” di tutto quello che ci passa davanti agli occhi. Che innovazione favolosa!! Qualsiasi cosa catturi la nostra attenzione durante uno scroll, tra tette di fuori con “pertinenti” aforismi di Osho, o un bel video di animali torturati (di solito condivisi da chi in casa ha un animale che ama talmente tanto che ha pensato di castrarlo “per il bene dell’animale“), ecco che il pulsate condividi si rivela l’unico vero gesto che possiamo e vogliamo fare.
Nessun controllo, nessun collegamento cerebrale, nessuna sinapsi si interpone tra noi e questa azione che, agli occhi innocenti dell‘utonto medio, appare innocente, doverosa. Peccato che più spesso di quanto ci si possa immaginare, si manifesti poi per ciò che veramente è: una minchiata clamorosa.
E’ notizia recente l’aggressione ad un ragazzo indiano, purtroppo deceduto, a causa di una delle tante notizie distorte e malate che popolano il web e che, puntualmente, vengono amplificate dalle televisioni e dalla stampa che, evidentemente, soffrono della stessa malattia dell’utente medio di internet. In India diventa virale un video che mostra due persone su una moto che rapiscono un bambino.
FAKE NEWS E SCARICA BARILE DIGITALE
Si tratta di una ricostruzione realizzata in Pakistan per sensibilizzare il pubblico riguardo alla drammatica pratica dei rapimenti di bambini. Questo spot si conclude con un messaggio di uno degli attori che invita a fare attenzione. Qualcuno però ha avuto la brillante idea di tagliarne la parte finale facendolo girare con la sola azione del rapimento, spacciandolo per vero.
Nasce così una vera e propria psicosi di massa. I “rumors” si sono trasformati in un gesto drammatico che hanno portato al linciaggio di un ragazzo di 26 anni, ovviamente innocente, scambiato per un rapitore di bambini. Stava cercando lavoro a Bangalore, quando Kaluram Bachanram è stato “riconosciuto” come un rapitore di bambini e preso di mira da una folla inferocita portandolo alla morte. Notizia di qualche anno fa, ma da l’idea di quello di cui stiamo parlando.
Ecco cosa ha portato quell’innocente “io per sicurezza l’ho condiviso, non si sa mai“. Questo il risultato di un innocuo scarica barile digitale. E’ una notizia estrema, drammatica e apparentemente lontana, ma questo è ciò che succede se non siamo attenti e procediamo con leggerezza nell’utilizzo di questi potenti mezzi di persuasione di massa. Ogni giorno diffondiamo informazioni che possono, non dico uccidere, ma ferire l’animo di molti innocenti, di creare mostri laddove non esistono, e tutto solo per la nostra smania di attenzione. Siamo così soli che abbiamo bisogno di shockare per catturare l’attenzione.
La cosa drammatica è che a diffondere notizie del tutto false, fuori luogo e piene di inesattezze sono sempre persone che non hanno la benché minima idea di ciò che stanno condividendo: non hanno competenze, né tanto meno l’ardire di documentarsi o informarsi. Sono di una ignoranza becera! Quindi, prima di prendere per vera una notizia, ognuno di noi dovrebbe controllare non solo la fonte, ma chi la sta diffondendo. Con tutto il bene che possiamo volere ai nostri contatti digitali più o meno intimi, cerchiamo di avere un’idea un po’ più precisa dei loro profili sociali e comportamentali. Se ci ingannano una volta è colpa loro, la seconda è colpa nostra.
Keypoint: pensiamo prima di condividere.