AL MIO AMANTE CHE TORNA DA SUA MOGLIE DI ANNE SEXTON

Una donna tormentata, una vita “maledetta”, segnata da diversi tentativi di suicidio che, il 4 ottobre, 1974, purtroppo riuscì a compiere. Anne Sexton si spogliò, si vestì solo di una pelliccia della madre, si versò l’ultimo bicchiere di vodka e si chiuse nel garage per suicidarsi con il monossido di carbonio. Nessuna autobiografia, nessun diario personale. Il tormento della sua anima l’aveva raccontata attraverso le sue straordinarie poesie, grazie alle quali  ricevette nel 1967 il premio Pulitzer. 

Nelle sue poesie c’era di tutto, molto più della vita stessa e molto più della vita di ognuno di noi. Una donna per le donne, ma anche per gli uomini. Raccontava la vita, la disperazione, il dolore quotidiano e la concretezza amara della vita, anche quello che la poesia dell’epoca allontanava, nascondeva: la masturbazione, la morte, il dolore di una figlia maltrattata, la frustrazione di non riuscire ad essere una madre capace, le mestruazioni e la ricerca struggente di una fede introvabile. 

Per questa festa della donna, in un momento così particolare per tutti, ho deciso di lasciar parlare lei, di farla “parlare” d’amore, di rispetto, di tradimento. La poesia AL MIO AMANTE CHE TORNA DA SUA MOGLIE è di una modernità disarmante, arriva dritta al cuore, attorciglia le budella e poi…e poi buona lettura.

AL MIO AMANTE CHE TORNA DA SUA MOGLIE

Lei è tutta là. 

Per te con maestria fu fusa e fu colata,

per te forgiata fin dalla tua infanzia,

con le tue cento biglie predilette fu costrutta.

Lei è sempre stata là, mio caro.

Infatti è deliziosa.

Fuochi d’artificio in un febbraio uggioso

e concreta come pentola di ghisa.

Diciamocelo, sono stata di passaggio.

Un lusso.

Una scialuppa rosso fuoco nella cala.

Mi svolazzano i capelli dal finestrino.

Son fumo, cozze fuori stagione.

Lei è molto di più.

Lei ti è dovuta,

t’incrementa le crescite usuali e tropicali.

Questo non è un esperimento.

Lei è tutta armonia.

S’occupa lei dei remi e degli scalmi del canotto,

ha messo fiorellini sul davanzale a colazione,

s’è seduta a tornire stoviglie a mezzogiorno,

ha esposto tre bambini al plenilunio,

tre puttini disegnati da Michelangelo,

l’ha fatto a gambe spalancate

nei mesi faticosi alla cappella.

Se dai un’occhiata, i bambini sono lassù

sospesi alla volta come delicati palloncini.

Lei li ha anche portati a nanna dopo cena,

e loro tutt’e tre a testa bassa,

piccati sulle gambette, lamentosi e riluttanti,

e la sua faccia avvampa neniando il loro

poco sonno.

Ti restituisco il cuore.

Ti do libero accesso:

al fusibile che in lei rabbiosamente pulsa,

alla cagna che in lei tramesta nella sozzura,

e alla sua ferita sepolta

alla sepoltura viva della sua piccola ferita rossa

al pallido bagliore tremolante sotto le costole,

al marinaio sbronzo in aspettativa nel polso

sinistro,

alle sue ginocchia materne, alle calze,

alla giarrettiera per il richiamo

lo strano richiamo

quando annaspi tra braccia e poppe

e dai uno strattone al suo nastro arancione

rispondendo al richiamo, lo strano richiamo.

Lei è così nuda, è unica.

È la somma di te e dei tuoi sogni.

Montala come un monumento, gradino per gradino.

lei è solida.

Quanto a me, io sono un acquerello.

Mi dissolvo.

Keypoint: la capacità delle donne è quella di essere solidi acquerelli.

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