#208. GIRI IN GIRO

Come molte persone, anche io adoro viaggiare. Non potrei mai fare senza, ma tutte le volte che parto ho sempre uno stato di leggera ansia che mi fa stare quasi male. Una strana irrequietudine che mi accompagna per i primi giorni (o ore). Sia che si tratti di un viaggio intercontinentale che mi terrà lontano settimane o mesi, sia che debba andare al mare per una giornata, all’inizio vorrei tornare indietro, nonostante mi piaccia e nonostante un pochino di esperienza…

Credo che sia la sindrome del palco. I grandi artisti che solcano i palcoscenici più importanti del pianeta, un po’ di mal di pancia da debutto lo hanno sempre, almeno così raccontano. E io voglio crederci.

Ecco, io provo la stessa cosa. E anche sul palco. Quindi figuriamoci cosa posso provare io che non sono né un grande artista o né un grande viaggiatore!

            Viaggiare è anche accontentarsi di farlo con un bel libro. A differenza di molte persone, io non amo leggere in viaggio. Preferisco perdermi completamente nell’atmosfera dei luoghi, nei racconti della gente che incontro.

Un buon thè in Turchia in compagnia di Deniz Tüfekçi a scoprire le nuove tendenze urbane dei giovani turchi, o con Hirohito (non l’imperatore!) durante il tragitto tra Tokyo e Kyoto con il treno Shinkansen ascoltandolo cantare canzoni della tradizione giapponese e non capendo assolutamente nulla, ma ridendo come pazzi.

Due chiacchiere al parco di Hafnarfjördur con (l’impronunciabile) Finnvarður a parlare di quanto gli sia piaciuta l’Italia e studiare design a Milano. Oppure sedersi nel dehor dell’hotel Brufani di Perugia a scambiare, o meglio ad ascoltare, le parole del maestro Paolo Conte.

Insomma, portarsi anche da leggere diventerebbe decisamente impegnativo. Per non parlare delle decine di libri, riviste, guide, opuscoli che in giro per il mondo è possibile trovare. Sarebbe davvero un surplus di difficile gestione. E poi io scrivo, annoto.

Viaggiare per me ha sempre significato mutare, cambiare qualcosa: una mobilità sociale che mi ha portato ad essere ora quello che sono, ma che sicuramente mi porterà da qualche altra parte, diversa da quella in cui mi trovo ora. Un viaggio, anche se di pochi giorni, anche se è solo per “staccare la spina” è la ricerca di una condizione migliore, o avventurosa. Nuova. Temporanea certo, ma diversa dalla condizione domestica e stanziale. È un momento che si cerca per sé; mi piace definirla la migrazione di test. Almeno per me funziona così.

Keypoint: non sono le distanze a fare il viaggio, ma lo stato d’animo con cui lo si affronta. 

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