#182. ANALFABETISMO FUNZIONALE…ESISTE DAVVERO?
Secondo Wikipedia, con il termine analfabetismo funzionale si intende “l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana. L’analfabetismo funzionale si concretizza quindi nell’incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni a disposizione nell’attuale società.” Si fa un gran parlare da un po’ di tempo di analfabetismo funzionale e, a dire il vero, la cosa lascia un po’ straniti quando non drammaticamente stupefatti. Vediamo di capire un po’ meglio di cosa si tratta e di quali numeri stiamo parlando.
Tra il 2011 e il 2012 il PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), un programma ideato dall’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che ha avviato la prima indagine su scala mondiale sulle “Competenze degli adulti” con alcuni test cognitivi e un questionario ad hoc. Come segnalato dal sito PIAAC, “Il Questionario indaga la condizione socio-anagrafica dell’individuo, i percorsi d’istruzione e la formazione svolta nel corso della vita lavorativa, la sua storia professionale e lo status occupazionale, oltre ad aspetti più “personali”, come ad esempio gli atteggiamenti sociali e indicazioni relative alla famiglia attuale o a quella d’origine.”
I test cognitivi invece miravano all’analisi di abilità e competenze utilizzabili sia sul lavoro che nella vita quotidiana, circa la capacità di leggere e scrivere, di “fare di conto” e del famigerato problem solving in ambienti tecnologici. Tutto molto bello e di grande impatto sociale, ma i risultati per l’Italia sembrano essere drammatici.
Nonostante il nostro livello di alfabetizzazione standard sia tra i più elevati del mondo – lo 0,1% se si considera solo la popolazione dai 15 ai 24 anni – quello funzionale è tra i più scarsi in Europa. Secondi solo alla Turchia, abbiamo il maggior numero di analfabeti funzionali, con un 28% della popolazione totale. Indagando con attenzione i dati PIAAC si evince che di questo 28% ha superato i 50 anni un italiano su 3, meno del 10% non ha lavoro, fanno lavori manuali e poco stimolanti dal punto di vista intellettuale. La distribuzione tra uomini e donne è quasi identica, anche se con una leggera prevalenza (ovviamente :)) maschile.
Le fasce più colpite sono ovviamente quelle culturalmente più deboli nelle quali ci sono anche possibilità di scolarizzazione sotto la media nazionale. L’identikit dell’analfabeta funzionale italiano si chiude con la sua provenienza geografica che vede nel sud e nel nord ovest la maggior concentrazione di questi soggetti.
Ma in cosa dobbiamo cercare le causa di questo triste primato? Colpa di una scuola che, per molti adulti, è durata troppo poco, un ingresso nel mondo del lavoro troppo precoce e, cosa più importante, “la mancanza di una costante manutenzione e coltivazione delle competenze“, come sostiene Simona Mineo, ricercatore Inapp, l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche.
L’idea che l’Italia sia in difficoltà è palese a molti, ma ora abbiamo dei dati che dimostrano che quasi un terzo della nostra popolazione è “low skilled“, e questo confrontando gli over 50 degli altri stati Europei. Tra i punti deboli del nostro Paese c’è un prematuro abbandono scolastico, giovani che non lavorano o sono precari, una totale mancanza di formazione adeguata sul lavoro, la totale disinteresse alla cultura, allo studio, alla ricerca che, purtroppo, caratterizza la popolazione tutta e non solo quel terzo suffragato dai test del PIAAC.
Ognuno di noi, in ambiti diversi, può risultare analfabeta funzionale, nessuno escluso. I livelli standard di cui però si discute in questa sede, sono livelli medio-bassi, nulla di straordinario. Nei test menzionati non veniva richiesto di risolvere equazioni complesse o fare l’analisi di un testo del dolce stil novo. Si tratta di ragionamenti, competenze cognitive e attività assolutamente normali, come la comprensione di un testo poco più complesso di “Marco ha mangiato la mela” e “di quale colore era il cavallo nero di Napoleone“.
Uscire da una situazione simile non sarà né semplice né indolore: c’è la contingente necessità di una controtendenza culturale, politica e sociale di forte impatto e non facile da attuare; tanti dovranno essere gli interventi strutturali al fine di riqualificare intere aree geografiche, intere comunità, le politiche del lavoro e la scuola. Si dovrebbe partire da quelle istituzioni che, per buona parte della vita ci accompagnano lungo il nostro percorso scolastico, formando gli insegnanti, le famiglie, la pubblica amministrazione e le aziende a far sì che vi sia una crescita continua e che non venga mai a mancare quella costante manutenzione e coltivazione delle competenze che, negli anni, diventeranno il nostro futuro.
Keypoint: leggere, il più possibile…tutto e il suo contrario. E poi farsi una propria coscienza critica.