virtuale

#175. SIAMO SOLO…BYTE

Non siamo solo byte, ma il parallelismo tra virtuale e reale non è più così distinto. Siamo già nell’era in cui quello che siamo digitalmente, lo siamo, in buona parte, anche analogicamente. Prima erano persone sostanzialmente diverse, adesso no. Ci sono solo alcune sfumature che ci distinguono tra virtuale e reale, ma per il resto se eri un idiota offline, lo sei rimasto anche on line, c’è poco da scappare. Puoi reggere per un po’, ma poi la vera natura salta fuori. 

Però, se ne hai le capacità e la voglia, puoi sicuramente migliorare. C’è un mondo che dice: “Ecco, qui c’è tutto. Fatti venire delle idee, possibilmente buone, e qualcosa potrebbe succedere”. Ma tutto questo crea anche un livello di frustrazione che non conoscevamo. È la sindrome del “mi piace”. Una sindrome tutta nuova e nata da quando sentiamo la necessità di avere conferme costanti anche, e soprattutto, sul web. Il like su una foto, un post, un commento, un apprezzamento o anche una critica, purché immediata, è una conferma pronta e confezionata che non costa nulla, è lì, alla portata di un click o di una ditata. Apparentemente un gesto innocuo, ma che ha a che fare con la dopamina…

Quello che rappresenta un profilo virtuale è in realtà un prolungamento di ciò che siamo nella vita analogica. Non è un concetto così scontato e banale. Il profilo virtuale ci ha resi “personaggi pubblici“. Prima non lo eravamo. Il concetto di social network va ben oltre i confini del “mi piace” o del “retweet”, e stiamo facendo fatica a gestire il fallimento del personaggio pubblico che virtualmente si è venuto a creare ma che, nella realtà, non esiste.

La tendenza iperbolica che ha per natura l’uomo, ha la sua espressione più forte e dirompente proprio grazie a questi strumenti che ci permettono di fare le star per una stretta cerchia di conoscenti e per un brevissimo lasso di tempo, anche se sulla carta (virtuale ovviamente) abbiamo quattro o cinquemila contatti e siamo on line ventiquattro ore su ventiquattro. 

Insomma, abbiamo qualche migliaio di contatti, abbiamo foto e pensieri in giro per la rete e una manciata più o meno cospicua di condivisioni ,“mi piace” e interazioni. On line accettiamo condizioni di comunicazione nuove, al limite della decenza anche. Una maleducazione sotterranea che ci permettiamo solo online e nella vita reale ci sentiamo confusi, persi. Sì perché, per quanto la nostra natura possa cercare di esserlo, non è ancora pronta per risultare così duale da reggere i due mondi in maniera distaccata. 

Sembra strano che si continui a parlare di crisi, di valori che mancano, di decadenza generale, e poi vedere che c’è un mondo fatto di telefonini e computer, popolato di gente sempre felice e “al top” come usa dire adesso. Bisogna riscoprire la gelosia per i propri pensieri, il lusso della reperibilità e la consapevolezza dei fallimenti.

Keypoint: tra il dire e il digitare c’è di mezzo…il reale. 

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