#171. 100% MADE IN…WORLD!
Ogni volta che ci si accinge ad un progetto che preveda il lavoro di squadra, la prima operazione – dopo aver preso il lavoro – è quello di suddividere le diverse attività tra i partecipanti al progetto. Inizia così la divisione delle diverse mansioni che dovranno, poi, costituire il progetto finito. Fu l’economista Adam Smith a teorizzare, su larga scala, la divisione del lavoro in un concetto economico fondamentale. Era il 1776 quando Smith osserva che se una persona si accinge a progettare spilli occupandosi di tutte le fasi che la realizzazione prevede, può produrre con grandi sforzi uno spillo al giorno. Ma, se viene suddiviso il processo tra vari lavoratori, ognuno specializzato in una fase precisa, è possibile decuplicare la produzione giornaliera di spilli. Smith conclude asserendo che la divisione del lavoro determina un aumento proporzionale della forza produttiva, in ogni mestiere.
Questo concetto è in realtà una teorizzazione che mutuiamo da un passato ben più remoto: nel 1070 il filosofo Al-Ghazali sosteneva che per la “semplice” realizzazione di una pagnotta erano necessarie migliaia di persone; Platone sosteneva che per la crescita di uno stato era necessario che ci fossero specialisti di ogni settore e grado. Molti sono i pensatori che sostengono la teoria della suddivisione per la crescita di civiltà, città e mercati.
Attualmente la divisione del lavoro è alla base delle maggior parte delle aziende. La grandi multinazionali – ma non solo loro – abbattono i costi terzializzando molte attività dall’altra parte del mondo, sostenendo così una nuova dimensione internazionale della suddivisione del lavoro.
Tutto questo “esternalizzare” settori produttivi o funzioni aziendali crea, di contro, la preoccupazione per la stabilità del sistema economico e per i tassi di occupazione nazionali, portando alcuni governi particolarmente protezionisti, a spingere i consumatori ad acquistare prodotti nazionali. Tuttavia, non è sempre facile (se non impossibile) capire quali siano realmente i prodotti completamente realizzati sul territori, perché la suddivisione del lavoro ha assunto dimensioni globali.
Apple è un’azienda statunitense e, i consumatori americani potrebbero pensare di sostenere il consumo statunitense acquistando un iPhone o un altro prodotto, ma la realtà è ben diversa. Di tutti i processi produttivi per la realizzazione di un iPhone, solo la progettazione e il marketing provengono dagli uffici di Palo Alto, il resto è suddiviso tra Cina, Corea del Sud, Germania, Giappone e altri stati. Difficile, oggi, pensare di acquistare un prodotto di design, inteso come oggetto di produzione su larga scala o di grande distribuzione, completamente nazionale.
Il lavoro di squadra lo immaginiamo come qualcosa di positivo, nobile e da sostenere, quando invece lo stesso concetto viene esteso su scala globale ecco che vogliamo prenderne subito le distanze. E’ vero, ci sono situazioni di lavoro ben poco sostenibili e, per come lo abbiamo concepito ora, il lavoro decentralizzato è sfruttamento, ma non possiamo immaginare di tornare indietro. L’unica soluzione è migliorare le condizioni di lavoro di tutti gli attori in gioco, mettendo sostenibilità e dignità al primo posto.
Keypoint: 100% made in italy? molto probabilmente no…ma non è detto che sia uno svantaggio.