repressione

#170. CULTURA DI MASSA E REPRESSIONE

Dalla metà del XX secolo fu dichiarata ufficialmente la sconfitta della società ipotizzata da Marx per dare spazio alle reali “esperienze” degli individui introducendo, dopo il medioevo, il concetto di repressione moderna. Oggi le persone identificano la loro anima con l’automobile, con la casa con il giardino, il taglia-erba, il cellulare, gli elettrodomestici. A causa del bombardamento mediatico che promette felicità se si acquista qualcosa o se ci si reca in un grande magazzino, abbiamo finito con il convincerci che i falsi bisogni vengono dal nostro interno e che siano assolutamente fondamentali (e reali). 

I falsi bisogni non si basano su reali esigenze come mangiare, bere, vestirsi o avere una casa, ma sono costrutti generati artificialmente che, nella realtà, sono irrealizzabili. Al di là della quantità di denaro della quale ognuno di noi può disporre, cercheremo sempre di più, senza mai raggiungere la piena soddisfazione perché, come la droga, la “roba” di verghiana memoria crea dipendenza. Siamo lontani dalla libertà vera: ogni individuo – anche chi crede di manipolare – viene manipolato da regimi totalitari travestiti da democrazie e ha talmente interiorizzato norme, codici valori e ideali, da aver perso ogni consapevolezza. Questo è forse il dato più preoccupante, una mancanza di consapevolezza disarmante che ha permesso lo sfacelo che stiamo vivendo a livello globale.

Schiere di persone che, nonostante siano in palese difetto, non perdono occasione di denunciare misfatti e angherie sociali con tutti quei mezzi che, in realtà, aumentano il divario tra “noi”  e “loro”, laddove non dovrebbe esistere nemmeno concettualmente questa separazione. Ed è proprio qui la forza del sistema: dividere. Dividere significa ghettizzare, vuol dire etichettare, creare separazione e, nei casi più feroci, segregazione. Non è una questione razziale, piuttosto è una conseguenza culturale fatta di paura e, ancora, di finte esigenze. Ieri era l’automobile, la casa, oggi si sono aggiunti altri elementi: la sicurezza intesa come incolumità personale e come certezza del futuro.

Oggi alla pubblicità dell’auto, delle fette biscottate, del profumo, fatta di “valori” , abbiamo aggiunto un’altra pubblicità, quella della repressione, in cui repressione e controllo delle masse sono stati travestiti da bisogni fondamentali. La cattiva notizia è che da questa bolla è molto complicato uscire: il divario tra la cultura e la realtà che un tempo indicava modalità alternative di vita e di esistenza, sta via via scomparendo. 

Anche l’arte, veicolo di rivoluzione fin dalla sua comparsa sulle caverne dei primi cacciatori, ha perduto la sua capacità di spronare alla ribellione; non esistono più veri e propri movimenti artistici che, nel nome di un ideale raccoglieva, seppur con divergenze anche estreme, una pluralità di artisti che si muovevano con un intento comune e che facevano dell’arte non solo il loro mondo espressivo, ma anche la loro voce “contro”. Ora l’arte è al servizio del mainstream e, anche se gli artisti con valori importanti non mancano, sono anime individuali che a fatica si incontrano, se non per sporadiche collaborazioni atte principalmente a rendere il proprio nome più visibile. 

Lo schiacciamento – verso il basso – di cultura e realtà evidenzia il livellamento della stratificazioni in classi. Arte e mass media si sono appiattiti, affinché la massa repressa e ridotta ad un uniforme strato gelatinoso, si avvalga di un unico pensiero e dove nulla esula dal consenso sociale. 

Keypoint: non dobbiamo aver paura di pensare fuori dalla massa. Sembreremo strani…ma strano è colui che non ha idee sue. 

 

 

 

 

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