#88. RISPETTARE L’OZIO
Il mondo va veloce, molto veloce e con lui il tempo che, nonostante sia lo stesso per tutti, ad ognuno di noi sembra non bastare mai. Non so se è mai capitato anche a voi, ma qualche volta ho creduto di avere un “pacchetto ore” inferiore agli altri…non solo non è così, ma sono piuttosto convinto che più si ha questa percezione e più, in realtà, parte di quel pacchetto è stato beatamente sprecato.
Sembra che tutto ciò che ci circonda vada vissuto di corsa, senza tregua; non sono concesse pause o rallentamenti. E’ tutto sul filo di lana, ma per godersi davvero ciò che facciamo, per allenare un’empatia un po’ atrofizzata ed essere un po’ più felici, dobbiamo saper rallentare. Scalare la marcia.
E’ un allenamento vero: per alcuni è peggio del triathlon con una mano legata. Molte persone – sono tra quelli, ma sto migliorando – pensano che fermarsi sia una perdita di tempo e che si corra il rischio di non essere abbastanza produttivi. Quante volte vi è capitato di parlare con amici o conoscenti che si lamentano del tempo che manca e quanto vorrebbero giornate di 48 ore? Quanti vorrebbero il dono dell’ubiquità?
Dovremmo prendere l’abitudine di fermarci a guardare il mondo senza fare nulla.
Durante una vacanza immerso nella natura delle isole in cui mi trovavo, iniziai questo “allenamento”; cominciai a staccare prima un’ora al giorno, poi sempre di più. Riuscii ad oziare senza sentirmi in colpa. Solo oggi mi rendo conto che è davvero un allenamento complesso e durissimo, perché ripetere quell’esperienza è davvero complicato.
Quando è stata l’ultima volta che vi siete concessi quindici minuti di puro ozio? Di NULLA? Niente telefono, pc, musica, film. Nulla, solo voi e i vostri pensieri. Ora non credo sia facile, ma proviamo a farlo, ovunque ci troviamo, anche cinque minuti. Soli con noi stessi. All’inizio sembra strano, lo so, ma pian piano, se superiamo l’iniziale scoglio del “ma perché dovrei perdere il mio tempo che ho tante cose da fare“, avremo dei benefici immediati.
Prendersi una vacanza non è semplice, per diversi motivi. Il tempo, appunto, e i soldi (intimamente legati come spazio e tempo) sono i primi elementi con cui dover combattere. Poi c’è il lavoro che, per quanto molte persone svolgano un’attività vecchio stile, l’azienda che li ha assunti sa che può chiamare più o meno in qualsiasi momento. Vuoi perché siamo ormai iper-raggiungibili e iper-connessi, vuoi perché ci sentiamo un po’ “costretti”, andare in vacanza e staccare davvero è cosa sempre più complessa.
Se siamo imprenditori, liberi professionisti o lavoratori autonomi la cosa peggiora ulteriormente, e ogni momento passato senza lavorare può significare una perdita di reddito. Ma ricordate cosa abbiamo detto delle scuse? L’ozio è un modo produttivo se siamo in grado di conviverci con serenità.
Alberto Moravia, che possiamo considerarlo tutt’altro che poco produttivo vista la mole di scritti, nel suo romanzo “La noia” scrive “[…]quando ero bambino, la noia assumeva forme del tutto oscure a me stesso e agli altri, che io ero incapace di spiegare e che gli altri, nel caso di mia madre, attribuivano a disturbi della salute o altre simili cause.” L’ozio ha sempre vissuto di pregiudizi. Moravia fu un grande viaggiatore ed esplorò zone remote ben poco battute, forse perché il vagare senza tregua ferma il tempo o, illudendoci, lo prolunga all’infinito.
Lasciando andare la mente, tenderemo a concentrarci su cose a cui pensavamo da tempo. Nel momento in cui cominceremo a rallentare il ritmo della nostra mente, dandole il tempo di spaziare e sedimentare, ci sono buone probabilità che ci vengano nuove idee, nuovi stimoli. Troveremo soluzioni a problemi che ci sembravano insormontabili.
Keypoint: non riusciremo a pianificare il tempo dell’ozio, ma possiamo improvvisare. Diamoci la possibilità di usare il tempo come un tappeto su cui camminare lievi, accadranno cose magiche.