#329. A QUANDO LA RINUNCIA?
La scrittrice Lauren Oliver sostiene che “c’è sempre un po’ di sollievo nella rinuncia”. Non è un inno alla resa ma uno “spettacolo” che, presto o tardi, saremo costretti ad assistere, comodamente seduti, lì nel nostro posticino riservato.
Il compianto Jim Morrison cantava che “chi rinuncia ai propri sogni è destinato a morire”. Ci si chiede chi non lo è caro Jim…destinato a morire? Non è forse lo stesso destino ingrato che spetta a tutti? Condottieri, criminali ed artisti non sono certo immuni da questo destino.
Con moniti contro la rinuncia ci abbiamo scritto libri e tutti si sono espressi in tal senso: non è da meno il compianto presidente del Sudafrica Nelson Mandela che ci tiene e far sapere che “un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso. Come dire che nella vita un vincitore non ha mai avuto un momento di debolezza, di stanchezze o di rinuncia. Eh magari caro Nelson 🙂
Ci immaginiamo tutti questi beniamini aver avuto una forza straordinaria, qualcosa di sovrannaturale che li ha spinti avanti e oltre. In realtà hanno avuto, come tutti, mille momenti di abbandono, di sconfitta, di rinuncia. E quando l’hanno avuto? Probabilmente ogni volta che non si sono sentiti abbastanza forti, pronti o preparati o che, semplicemente, hanno scelto il loro benessere. Esattamente come noi. Forse, però, hanno saputo accettare con più serenità quel momento e metabolizzarlo, facendo sì che quella circostanza potesse essere un insegnamento. L’insegnamento.
Arrendersi significa avere il coraggio di scegliere sé stessi, senza rinunce.
Sappiamo tutti che se ci fissiamo su qualcosa che non non funziona, ci ritroveremo in una fase di stallo. Non saper rinunciare significa non riuscire ad andare avanti in modo corretto. Si fa spesso menzione della rinuncia a tutto (o quasi) per vivere meglio, più leggeri, più liberi. Ma questo va in netto contrasto con la filosofia del non rinunciare mai, del non arrendersi mai. Perché pensare di vivere in una capanna, ai piedi dell’altopiano del Tibet ci scatena visioni esotiche, e se invece pensiamo di rinunciare a qualche battaglia qui e ora dobbiamo considerarci degli sfigati?
Io credo sia più “sfigato” insistere su qualcosa che non ci porterà a nulla e che, molto probabilmente, ci renderà molto più deboli. Deboli perché non avremo il tempo di riprenderci, di ricaricare le nostre energie.
Io insegnerò a mio figlio che arrendersi non è da deboli, e che rinunciare laddove è necessario è, in realtà, da persone mature, consapevoli, oneste con se stesse e con gli altri. Le energie vanno conservate per ciò che veramente riteniamo importante.
Quando sono in una situazione bloccante mi capita di chiedermi “ok, allora a quando la rinuncia?” Anche per arrendersi ci vogliono tempi precisi, e non dobbiamo reiterare gli stessi errori sapendo, in fondo, che le cose non cambieranno. Rinunciare significa – anche – non perdere tempo.
Keypoint: ad ogni rinuncia ragionata, corrisponde un guadagno di tempo.