#163. #MAIUNAGIOIA IS THE NEW STORYTELLING?
Una delle parole più discusse fino a un paio di anni fa era storytelling, non si parlava d’altro. Qualsiasi cosa si facesse era storytelling, ed era diventato talmente sdoganato che, come ogni lemma, anch’essa ha cominciato ad avere i suoi detrattori. Sì perché non solo le persone, ma anche le parole, le azioni, gli usi e i costumi hanno i loro detrattori. Spesso vengono definiti rosiconi, ma ne parleremo in un altro articolo. Per ora ci basti pensare che storytelling è praticamente sparito dalla bocca di tutti. Un termine che è riuscito a diventare talmente antipatico che è quasi scomparso. Ora ci piace dire “raccontare storie“…ma avremmo potuto farlo anche prima.
Per quello 0,001% che non sapesse cos’è lo storytelling, si tratta di una parola che racchiude in se diverse attività: condividere esperienze (proprie o altrui), passare valori, intrattenere raccontando storie cercando di educare e trasmettere contenuti. Molte pubblicità non sono più semplici spot su quanto un prodotto sia figo, piuttosto c’è dietro una storia, una trasmissione di valori che va oltre il prodotto reclamizzato. I più astuti rendono il prodotto marginale.
Da un po’ di tempo ha fatto capolino un altro cluster di parole, con la stessa identica funzionalità: raccontare. La maggior parte delle persone nemmeno se ne rende conto, ma #maiunagioia potrebbe diventare un brand, un movimento. E molto probabilmente lo sta facendo…ma tonferà, perché questa moda finirà.
Il valore di “mai una gioia” è chiaro a tutti: un modo “simpatico” per sdrammatizzare le fatiche del quotidiano, un po’ come “breve storia triste” che, però, a differenza di maiunagioia, è un’espressione ormai radicata dai tempi del dolce stil novo e quindi non così cool. 🙂 Tutto quello che comincia a fare tendenza avrà, inesorabilmente, i suoi detrattori: io sono uno di quelli. Non sono il detrattore di quasi nulla e difficilmente mi fa antipatia qualcosa – che so che tanto passerà – ma ammetto che questa di maiunagioia un po’ mi infastidisce. Ma non vi è un motivo razionale, è la classica antipatia a pelle. Come per quelli che odiano gli inglesismi nella lingua italiana trovandoli una forzatura, anche io fatico a tollerare maiunagioia per declinare ogni fottuta frase, compresa la pizza bruciata.
Quando si parlava strenuamente di storytelling, ci si faceva puntualmente la stessa domanda: quali storie posso raccontare? Due potevano essere le risposte:
1) Qualsiasi, purché sia interessante
2) Qualsiasi, purché sia interessante
Qualcuno ha confuso la cosa con “bene, ogni cosa è interessante” et voilà, abbiamo foto alla pizza, ai piedi, alla luna con il cellulare (non si vede nulla!!!!), in bagno, a comprare le scarpe, in piscina, al mare, le unghie nuove e chi più ne ha più ne metta. Adesso abbiamo le stesse identiche cose ma, rullo di tamburi, venute male!!! E allora via di #maiunagioia. Grazie a #maiunagioia abbiamo sdoganato ufficialmente le schifezze: così facendo possiamo postare biscotti venuti male, pizze bruciate, condizionatori rotti in estate, calli nei piedi perché, grazie a maiunagioia, possiamo riderci su! Evviva…
Keypoint: passerà.