#161. HO DAVVERO QUALCOSA DA FOTOGRA-DIRE?
Mi capita spesso di chiedermi se davvero ho qualcosa da dire, qualcosa che possa interessare o, in qualche modo, dare uno spunto per approfondire qualche argomento, incuriosire. Ogni giorno scorro il newsfeed di Facebook e Linkedin, la home di Instagram e mi accorgo che il mondo non sembra proprio lì ad aspettare i miei pensierini sconclusionati. Per un attimo la cosa mi getta nello sgomento, vorrei smettere e chiudere tutto.
Continuando nello scroll però, mi accorgo che anche io, in realtà non aspettavo il 99% di quelle “informazioni”, foto, pensieri, video. Quello che mi sembra mancare, oltre all’interesse ovviamente, è sicuramente la consapevolezza. Prendiamo ad esempio la fotografia. Al di là della buona – o meno – riuscita di uno scatto, esattamente cosa stiamo dicendo? Quale messaggio vogliamo trasmettere? Soprattutto, vogliamo realmente trasmettere un messaggio? O l’unica cosa che ci interessa è farci dire: “Wow! Bellissimo scatto, complimenti!” Lo dico perché sembra, ma forse mi sbaglio, che lo scopo unico sia quello. Sembra che dietro ci sia sotteso un “guarda che figo che sono” che ben poco ha a che fare con la fotografia e l’arte in genere.
Può davvero bastare pubblicare immagini per essere definito un fotografo? Devo essere sincero, molte volte mi è capitato di vedere fotografie paesaggistiche che Ansel Adams avrebbe invidiato, ho visto ritratti che avrebbe voluto fare Cartier-Bresson…ma quasi tutti quegli scatti non raccontavano nulla se non l’ego smisurato di chi aveva prodotto quell’immagine. Tra un produttore di immagini e un fotografo c’è un oceano.
Questo discorso si potrebbe estendere in tutte le forme d’arte, ma credo che gli pseudo-musicisti siano la categoria meglio rappresentativa di questo condizione: sembrano più attenti alla loro brama di successo che non alla musica e alla sua produzione. Tutti gli artisti devono avere un ego importante, presente, certo…ma forse stiamo esagerando. Un video ogni tanto ok…ogni tanto però.
Uno degli ostacoli (spesso scusa) che ci “obbliga” a proporre sempre gli stessi quattro scatti o gli stessi 4 accordi, con le solite soluzioni stilistiche, è che “esiste già tutto”. Ma questo non è assolutamente vero! Al di là del fatto che c’è un mondo sonoro e d’immagine ancora da esplorare, non è certo lì che dobbiamo andare a cercare il problema. Se il nostro saper guardare o saper ascoltare, è quello della massa dimostrando a noi stessi che tutto ciò che esiste è stato già fatto, allora non siamo fotografi o musicisti o scultori. E’ triste da dire, ma così è.
Ci stiamo semplicemente adeguando ad un linguaggio di massa, fatto di codici standard e al quale non stiamo dando nulla di nuovo. E’ una vera lotta quella della ricerca del proprio stile, del proprio linguaggio e, di conseguenze, un proprio spazio. Oltre ad essere una lotta è prova di grande coraggio. Avere un proprio ideale, significa non strizzare l’occhio alla massa. E poi c’è il business…ma di quello ne parliamo un’altra volta.
Keypoint: inutile dare la colpa (solo) ad agenti esterni, se non siamo interessanti è colpa nostra. 🙁