Ma ne vale la pena? Che domanda maledetta…è da molto tempo che non mi fermo a scrivere. Come capita a quasi tutti, ormai, sono settimane che mi dico “ora non ho tempo“. Ho lavorato – e lavoro – moltissimo in questo ultimo periodo e, nonostante le faticate, non è che ci siano state tutte queste soddisfazioni. Certo, sei orgoglioso di ciò che hai fatto e ciò che fai, cerchi di farlo al meglio, senza mai compromessi sull’onestà, sulla qualità e sulla puntualità però, poi, capita di pensare: “ma ne vale la pena?”

Sei davvero contento? Non soddisfatto perché hai lavorato bene, non in pace con te stesso perché sei stato onesto, non appagato perché hai guadagnato (se ti hanno pagato, perché questa è decisamente una nota dolente per chi, come me, attende i pagamenti post-fattura), ma felice. Quello che hai tolto a tutto il resto, alle tue passioni, alla cura personale, alla famiglia, agli affetti, alla musica, alla pittura, alle passeggiate, è stato compensato con il guadagno stellare? Hai recuperato tempo per dedicarti, ora, a ciò che davvero ami fare? Quasi sempre la risposta è no. E’ un equilibrio, sottile, ma nel 99% dei casi l’ago pende sempre dalla parte sbagliata. 

Proprio in questo tipico scenario post-modern-digitale, mi riecheggia nella testa un po’ confuso il celebre discorso dell’indimenticabile Charlie Chaplin ne Il grande dittatore. Poco c’entra il mio peregrinare mentale con questioni politiche – per le quali provo il più profondo dei miei disinteressi –  ma, tra le tante righe di quel discorso, al di là della (brutta e nera) questione nazista, credo che ogni parola possa essere declinata nel nostro attuale sistema lavorativo e sociale. La conclusione è sempre quella. “Ma ne vale la pena?”

Vale la pena fare l’imperatore? A quale prezzo? Vale la pena andare più veloci degli altri, vale la pena fare la guerra per imporre delle idee che non valgono poi gran che? E ancora, vale davvero la pena bruciare tanto tempo per poi non recuperarlo più? Ho fatto bene a non prendermi mai una pausa per non scrivere? E se distruggessimo tutto?

Discorso all’Umanità

Mi dispiace, ma io non voglio fare l’Imperatore, non è il mio mestiere.

Non voglio governare, né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti se possibile: ebrei, ariani, neri o bianchi. Noi tutti vogliamo aiutarci vicendevolmente. Gli esseri umani sono fatti così. Vogliamo vivere della reciproca felicità, ma non della reciproca infelicità. Non vogliamo odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti, la natura è ricca ed è sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha chiuso il mondo dietro una barricata di odio, ci ha fatto marciare, col passo dell’oca, verso l’infelicità e lo spargimento di sangue.

Abbiamo aumentato la velocità, ma ci siamo chiusi in noi stessi.

Le macchine che danno l’abbondanza ci hanno dato povertà, la scienza ci ha trasformato in cinici, l’abilità ci ha resi duri e spietati. Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che di macchine abbiamo bisogno di umanità. Più che d’intelligenza abbiamo bisogno di dolcezza e di bontà. Senza queste doti la vita sarà violenta e tutto andrà perduto.

L’aviazione e la radio hanno ravvicinato le genti:

la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. La mia voce raggiunge milioni di persone in ogni parte del mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che costringe l’uomo a torturare e imprigionare gente innocente. A quanti possono udirmi io dico: non disperate. L’infelicità che ci ha colpito non è che un effetto dell’ingordigia umana: l’amarezza di coloro che temono le vie del progresso umano. L’odio degli uomini passerà, i dittatori moriranno e il potere che hanno strappato al mondo ritornerà al popolo. Qualunque mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.

Soldati! Non consegnatevi a questi bruti che vi disprezzano,

che vi riducono in schiavitù, che irreggimentano la vostra vita, vi dicono quello che dovete fare, quello che dovete pensare e sentire! Non vi consegnate a questa gente senz’anima, uomini-macchina, con una macchina al posto del cervello e una macchina al posto del cuore! Voi non siete delle macchine! Siete degli uomini! Con in cuore l’amore per l’umanità! Non odiate! Sono quelli che non hanno l’amore per gli altri che lo fanno.

Soldati! Non combattete per la schiavitù! Battetevi per la libertà! 

Nel diciassettesimo capitolo di san Luca sta scritto che il regno di Dio è nel cuore degli uomini. Non di un solo uomo, non di un gruppo di uomini, ma di tutti voi. Voi, il popolo, avete il potere di creare le macchine, di creare la felicità, voi avete la forza di fare che la vita sia una splendida avventura. Quindi in nome della democrazia, usiamo questa forza, uniamoci tutti e combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore, che dia agli uomini la possibilità di lavorare, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza.

Promettendo queste cose i bruti sono saliti al potere. 

Mentivano: non hanno mantenuto quella promessa e mai lo faranno. I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo, allora combattiamo per quelle promesse, combattiamo per liberare il mondo eliminando confini e barriere, l’avidità, l’odio e l’intolleranza, combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati uniamoci in nome della democrazia.

Non sarà semplice cambiare orientamento, ma è evidente che qualcosa deve mutare nelle nostre vite. Non abbiamo alternativa, se non quella del cambiamento. 

Keypoint: Sai cosa ci frega? Che non vogliamo essere utili ma vogliamo essere importanti.

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