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#100. VIAGGIO, COME LO RACCONTI?

Raccontare un viaggio è da diverso tempo una mania che abbiamo in tanti. Sia che lo si faccia per diletto, sia che lo si faccia per ottenere qualcosa, raccontare il viaggio è, ormai, quasi uno status.

Si leggono su Facebook post lunghissimi con il racconto (in particolare per descrivere qualche foto…i fotografi cercano in tutti i modi di graziarsi l’algoritmo di mr. Zukky) dell’ultima esperienza esplorativa. I nostri amici, la nostra schiera di piaciatori più o meno collaudata è lì, pronta a darci un po’ di endorfina blu, prima di scrollare velocemente al prossimo “Wow, Toppissimo!

Ma cosa accade quando ci allontaniamo da casa? Cosa succede quando prendiamo una nuova strada e, magari, affrontiamo un viaggio per andare in luoghi a noi sconosciuti? L’avvocato non è più avvocato, così come l’operaio, la dirigente d’azienda, l’insegnante e il medico. La nostra identità sociale cambia, e la nostra storia sparisce.

In un luogo dove nessuno sa chi siamo, esiste solo il nostro presente, e il passato è relegato solo ed esclusivamente nella nostra mente.  

Al di là della tecnologia, siamo dipendenti sia dalla persone che dal luogo e dagli spazi in esso contenuti: siamo spaesati, ma più siamo spaesati e più viviamo in modo spontaneo, ora spaventato, ora più avventuroso. Pian piano si prende confidenza e ogni luogo, a modo suo, riuscirebbe a farsi capire, siamo noi che, sforzandoci, dovremmo trovare l’attitudine a diventare parte integrante di quel territorio, di quel tessuto sociale e, perché no, turistico. 

IL RACCONTO

Raccontare il viaggio non è affatto facile, io non ne sono mai stato capace, eppure è una delle attività che più mi piacerebbe fare. Trovo che sia un modo molto efficace per far conoscere se stessi: nel raccontarsi in viaggio ci sei tu con gli altri, tu con la spazio e tu con il tempo. Ogni supporto è lecito, dal ricordo della mente al video in alta definizione, dalla fotografia studiata all’intervista improvvisata con il cellulare al bottegaio che vive lì da generazioni. 

Quando si viaggia, soprattutto per chi, come me, ha fatto molti viaggi itineranti, ciò che conta veramente è lo spostamento continuo. Certo, la meta è fondamentale e, in tutta sincerità, non ho mai creduto molto a quelli che dicono “ciò che conta non è il traguardo, ma la strada“…sì, in parte sono anche d’accordo, ma credo che la meta abbia la sua importanza. Da un lato ti permette, una volta raggiunta, di darti la forza per avanzare ancora, e non fermarti; dall’altra, in caso di “fallimento”, ti da la possibilità di misurarti con i tuoi limiti e aggiustarti.

Fare 10 km a piedi, in bicicletta e in auto cambia completamente il senso del viaggio, e non parlo di fatica, parlo proprio di percezione delle spazio e – ovviamente – del tempo. “Alla fine della strada girate a destra” ci è ormai particolarmente famigliare, ma pensiamo per un attimo a dover dare noi indicazioni che dovrà farlo a piedi. “Troverai un grande pozzo, pochi metri più avanti, proprio lungo il casolare abbandonato che una volta era dei nobili del paese, vedrai una strada sterrata circondata da alberi da frutto, lì prosegui a destra. Ah, e assaggia un frutto!” Insomma, lo storytelling, come ci piace chiamarlo, cambia parecchio. 

OGNI VIAGGIO E’ UN PRETESTO

 

Ma perché raccontare un viaggio? Lo facciamo per dare un senso a ciò che abbiamo vissuto, a coloro che abbiamo incontrato, ai nostri compagni di viaggio, a noi stessi. Lo facciamo per trovare nuova linfa e ispirazione continua per i prossimi. Inoltre, in tutta sincerità, per il piacere di condividerlo con più persone possibili attraverso riviste, blog, social network. 

Un’entrata, una strada, un sentiero, un paio di scarpe, un libro: attraverso uno di questi elementi può iniziare il viaggio spesso reale, a volte immaginario che attraversa paesaggi, dogane, percorsi, arrivi visibili e mete invisibili. Sempre verso qualcosa di altro, che vada “oltre noi“. E, alla fine del viaggio, si spera sempre di ritrovare qualcosa in più di noi stessi.

Keypoint: raccontare il viaggio è un arte, difficile.

 

  

 

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